In epoca romana e nel medioevo si hanno espliciti riferimenti a questo fenomeno migratorio in vaste zone fra cui l’Italia centrale.
Dalla prima metà del ‘200, quando la Repubblica di Siena decise la sistematica occupazione del territorio maremmano, gli enormi spazi di incolto e adibiti al pascolo erano già utilizzati dai pastori del centro Italia in modo non regolamentato.
Da metà del ‘300 (1353), Siena riorganizza la gestione dei pascoli creando la Dogana (Ufficio Pubblico di Riscossione), cioè un monopolio di gestione dei pascoli maremmani. Addirittura alcuni ufficiali di questa Dogana si recavano nel mese di agosto in Casentino per fare accordi agevolati con i pastori, già molto numerosi. Da questo momento la Transumanza dal centro Italia in Maremma diventa un fenomeno di massa. La Repubblica senese aveva capito la portata economica di una regolamentazione del fenomeno all’interno del territorio di cui aveva la giurisdizione. Non a caso, con i proventi della transumanza sarà istituito nel 1472 il Monte dei Paschi di Siena.
In Maremma arrivavano pastori provenienti da: Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna, dalla Romagna Toscana, da tutto l’Appennino toscano, dalla Mugello, dalla Valtiberina, dal Casentino, dall’Umbria, dalle Marche e in parte dall’Abruzzo. Questi pastori utilizzavano antichi percorsi, già ben conosciuti, che si snodavano su tre grossi “corridoi” che attraversavano la Toscana.
La Repubblica di Siena approva, nel 1419, lo Statuto della Dogana dei Paschi (il più vecchio in Italia) che regola la vita, in tutti i suoi aspetti (compresi quelli giudiziari), dei numerosissimi pastori provenienti dall’Italia centrale. I pascoli maremmani, gestiti da questo monopolio, erano distribuiti in circa 110.000 ettari, dove il frutto naturale dei terreni, erba, foglia e ghianda, era della Repubblica di Siena e non del proprietario del fondo.
La Dogana dei Paschi, in cambio della corresponsione di un canone (detto fida), proporzionale alla quantità di bestiame e al tipo, offriva al Vergaio e/o allevatore del bestiame transumante (chiamato fidato) pascoli e garanzie.
Le persone al seguito del bestiame (un adulto ogni 100 pecore circa) erano gerarchicamente così identificate: Vergaio, Buttero, Caciere, Pastori, Bagaglioni, Montonaio, Agnellaio, Cavallaio, Bescini. Vivevano in un villaggio capannicolo in prossimità delle mandrie per il ricovero delle pecore, però, si dovevano spostare periodicamente, poiché l’uso del pascolo era suddiviso in 4 tempi
Fino a quando non si formò il Granducato di Toscana, che tra l’altro fece proprio questo monopolio con qualche aggiustamento (1572), non c’era, e non ci poteva essere, per questioni di geografia politica, una regolamentazione delle strade usate per gli spostamenti degli animali dal centro Italia alla Maremma. In questo periodo tutto era lasciato alla consolidata tradizione millenaria e alle varie comunità i cui territori erano attraversati dai flussi di bestiame (alcune facevano pagare il pedaggio).
In epoca granducale le vie doganali (in alcuni casi dotate di due strisce laterali d’incolto erano veri e propri tratturi, con larghezza oltre 90 metri) dovevano passare in dei punti precisi dove avvenivano i controlli fiscali. I pastori provenienti dall’alto Casentino erano sottoposti al controllo a Ponte a Rignano; quelli del medio Casentino assieme ai colleghi dell’alta Valtiberina e della Romagna Toscana, la cui strada principale passava proprio per Talla-Passo della Crocina, ricevevano l’ispezione a Ponte a Romito; quelli del basso Casentino, con Valtiberina, Umbria e Marche, erano controllati a Ciggiano.
I tre grossi “corridoi”, utilizzati per gli spostamenti dei greggi dal centro Italia alla Maremma, attraversavano la Toscana ed arrivavano nel territorio di Dogana in tre zone ben distinte:
- 1. Corridoio del nord arrivava al 1° Capo o di Montemassi – Massa Marittima. Riservato a tutti i pastori del nord della Toscana, Emila Romagna fino a Bologna.
- 2. Corridoio centrale arrivava al 2° Capo o di Paganico. Utilizzato dai pastori del Casentino, Mugello, Valdarno aretino e fiorentino, Valtiberina.
- 3. Corridoio più a sud arrivava a Cinigiano. Usato dai pastori della Romagna Toscana, Marche, Umbria e parte Abruzzo.
Il numero di bestiame transumante in Maremma, in epoca pregranducale e granducale, è stato molto variabile ma va da un minimo di circa 100.000 a un massimo di 500.000 capi, di cui circa il (90-95)% erano pecore. Circa il 30% proveniva dal Casentino, con punte di circa 100.000, che ha rappresentato uno dei più importanti distretti pastorali del centro Italia.
Il granduca Pietro Leopoldo emana il Motuproprio (11/4/1778) di abolizione della Dogana dei Paschi: dal settembre successivo questo monopolio non esisterà più! Da questo momento i pastori avevano piena libertà di utilizzare tutte le strade senza nessun pagamento di gabella o altro onere, previsto in precedenza. I costi dei pascoli, ora in mano ai veri proprietari privati, aumentarono e solo i pastori con masserie medio grandi (da soli o in Sortarie) continuarono in questa pratica, però pochi approfittarono delle agevolazioni fiscali per l’acquisizione di terreni.
I pastori medio piccoli, almeno dell’alto Casentino e già dai primi ‘800, videro che non era remunerativo continuare a spostarsi in Maremma. Trovarono altri sbocchi per la loro transumanza in ambiti territoriali più ristretti e vicini, come quelli delle aziende agrarie appoderate del fiorentino e qui si collocarono a Soccida. Alcuni di questi, ai primi del ‘900, ritornarono in Maremma.
La Transumanza maremmana, che fino a metà ‘800 è stato un fenomeno solo maschile, durerà fino alla seconda guerra mondiale e con la riforma agraria dei primi anni ’50, questa pratica millenaria, antica quanto l’uomo, non esisterà più!